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Trovate qui il link al podcast di Market Mover de Il Sole 24 Ore, del 09/07/2022, con la mia intervista su questo tema:

Obbligazioni, vale la pena comprare? – Il Sole 24 ORE

A fianco l’articolo pubblicato su Plus 24 di sabato 09/07/2022, sempre sul mondo obbligazionario,
al quale ho contribuito

Le mie considerazioni sul tema, spunto per il podcast e l’articolo:

Il forte calo generalizzato delle obbligazioni e il conseguente aumento dei rendimenti, causato in questo 2022 dal restringimento monetario e dall’aumento dei tassi di interesse avviati da quasi tutte le banche centrali del mondo, al fine di contrastare un’inflazione galoppante, ha riportato, dopo molti anni, la parte governativa e investment grade alla sua originaria funzione di alternativa al mercato azionario.

Dal periodo post grande crisi finanziaria del 2008, infatti, le banche centrali hanno sostenuto l’economia con l’immissione nei mercati di un’immensa mole di liquidità, alimentando la crescita di valore sia del comparto azionario che dell’obbligazionario, spingendo le obbligazioni a quotazioni sempre più elevate, con rendimenti negativi negli asset più sicuri e molto compressi per quelli più rischiosi.

Ora il vento è cambiato.

Dopo i recenti cali, il comparto obbligazionario ha iniziato ad offrire rendimenti positivi interessanti e buone occasioni di acquisto.

Nell’attuale situazione di forte incertezza nei mercati, inflazione galoppante e in ipotesi di recessione, titoli governativi e corporate con rating investment grade sono tornati ad essere rifugio per il risparmiatore alla ricerca di sicurezza, offrendo un discreto potenziale di rendimento.

Nelle ultime settimane la maggiore attrattività e l’opinione sempre più rafforzata di essere orientati verso una fase di recessione, sia negli Stati Uniti che in Europa, anche se generata da fattori differenti e con tempistiche diverse, ha portato ad una loro maggiore richiesta e ad un aumento delle quotazioni.

Le condizioni offerte rimangono comunque ancora allettanti.

Ampliando il raggio di valutazione ad altri ambiti geografici, un discorso a parte va fatto per i titoli cinesi e giapponesi.

Seppur essendo contesti molto diversi, entrambi stanno introducendo forti stimoli all’ economica interna, immettendo liquidità nei mercati e mitigando il costo del denaro, a scapito del valore delle proprie valute.

In particolar modo i bond governativi cinesi, che nell’ultimo anno sono stati un’ asset redditizia e molto decorrelata dagli altri mercati, sono penalizzati ora della debolezza del renminbi e un acquisto della copertura valutaria  prosciugherebbe buona parte del rendimento offerto.

L’aumento dei tassi di interesse negli Stati Uniti ha comportato un conseguente rafforzamento del dollaro e ciò ha penalizzato fortemente le economie dei paesi emergenti, già pesantemente minate dalla pandemia e in forti difficoltà.

Vi sono già i primi default. Sri Lanka, forse fra non molto seguito dal Pakistan.

Potremmo essere solo all’inizio per cui, seppur cinicamente, se si desidera inserire titoli governativi che comunque offrano rendimenti più interessanti di Treasury americani e bond europei, è bene non essere generalisti in quest’area, ma mettere in atto un’attenta selezione dei paesi emittenti.

Oggi, quindi, la proposta per la composizione della parte più moderata del comparto obbligazionario del portafoglio potrebbe essere un mix prevalente di titoli di stato americani ed europei, tra cui inserire anche qualche BTP italiano, evitando per ora scadenze troppo lunghe.

 Considerando l’elevata inflazione attuale, prevista in calo nei prossimi anni, ma comunque a livelli ben superiori al passato, è utile ripartire il peso di questi governativi anche su titoli legati
al suo andamento, oltre che sui nominali.

Ai titoli governativi si possono affiancare obbligazioni societarie di rating investment grade, assieme a qualche investment certificate a capitale protetto.
Nell’ambito dei certificates, infatti, a seguito della recente forte volatilità nei mercati, si sono generate diverse occasioni di acquisto.

Rimanendo nel contesto dei titoli di stato, la scelta degli strumenti potrebbe spaziare sia su etf che su singole emissioni, con selezione di emittenti con rating creditizi buoni (entro il livello di investment grade).

Alternative interessanti ma più rischiose si trovano in titoli governativi con rating inferiori all’investment grade.

Rimanendo su titoli europei in valuta euro, quindi senza rischio valutario, un esempio sono i bond greci, che si potrebbero dosare in proporzioni più contenute, attraverso un etf o, in singole emissioni, selezionando le scadenze più vicine.

Nel caso di obbligazioni societarie invece si sconsiglia l’acquisto di singoli titoli, salvo che non si conosca bene l’emittente.
In questo caso meglio orientarsi su un etf con un numero di aziende sottostante elevato, così da diluire il rischio di default dei sottostanti.

Ma quali sono i pericoli da considerare nella selezione di questi strumenti?

In questa fase di mercato ci potrebbero essere ulteriori cali dei corsi, visto che non vi è certezza che il mercato abbia completamente assorbito le previsioni del restringimento monetario. Ulteriore elemento di incertezza in italia, e quindi nei nostri Btp, sono le prossime elezioni politiche.

Si sconsiglia quindi per ora di sovrappesare strumenti con scadenze troppo lunghe,
dato che sarebbero quelli più penalizzati dall’aumento dei tassi.

Per i titoli emessi in valuta diversa dall’euro, infine, rimane la questione della convenienza della copertura del rischio valutario.
Ai tassi attuali, per un investitore italiano, la copertura del cambio euro/dollaro costa quasi il 2%. Va valutato quindi se possa valerne la pena.