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L’esigenza sempre più stringente di ridurre le emissioni di CO2, l’innalzamento della temperatura terrestre e le ripetute e sempre più numerose catastrofi naturali ha portato nel dicembre 2015 i paesi facenti parte delle Nazioni Unite alla sottoscrizione dell’accordo di Parigi, definendo un impegno concreto da parte di ogni stato nel contenere l’aumento della temperatura terrestre entro 2C° e riducendo le emissioni

Europa – 55% dal 1990 al 2030

USA – 50-52% dal 1990 al 2030

Cina emissioni 0% nel 2060

Da questo accordo, ratificato a ottobre 2016 e dal quale gli USA durante il governo Trump, sono usciti, rientrando ora con Biden, l’impegno è stato forse più che altro formale fino all’avvento della pandemia, per quanto riguarda l’Europa e fino al cambio di presidenza negli USA.

In Europa, nell’enorme massa di aiuti e sostegni messi in campo per sostenere le economie degli stati membri si è ben pensato di dare una forte spinta infrastrutturale con il Recovery Plan, poi chiamato Next Generation EU, tramite contributi e prestiti ad ogni stato membro, con lo scopo di implementare le aree carenti e modernizzare strutture e organizzazioni obsolete.

In USA il piano proposto da Biden, American jobs plan, se andrà in porto, darà una forte spinta al rinnovamento infrastrutturale americano, in cui la transizione ecologica sarà un punto importante.

Rinnovamento linee di trasporto elettrico (scongiurando rischi di blackout come questo inverno passato)

Rinnovamento trasporti con forte spinta alla mobilità elettrica (installazione grande rete di colonnine di ricarica)

Potenziamento infrastrutture naturali per contrastare gli eventi catastrofici.

Rinnovamento immobiliare con adeguamento a standard ecosostenibili.

Da inizio pandemia quindi molta attenzione è stata rivolta a questi settori, così come una grossa fetta di investimenti che ha portato le quotazioni degli strumenti che vi investivano ad ottenere performance stellari.

Da inizio 2021 vi è stato uno spostamento dell’interesse degli investitori verso settori più ciclici, legati alla ripresa economica, quali le energie tradizionali (petrolio), il settore industriale, finanziario, small cap.

Ritengo che questo sia comunque passeggero e che essere posizionati nel settore delle energie alternative sia comunque una scelta saggia, che pagherà nel medio lungo termine.

Nonostante il cambio di orientamento del mercato nel breve, che ha portato ad un calo delle quotazioni degli strumenti, ho consigliato ai nostri clienti storici di mantenere le loro posizioni in questo ambito e in certi casi potenziandole, o di entrarvi a quelli nuovi, sempre ovviamente nel rispetto del loro grado di rischio.

La logica di fondo con cui ho costruito la parte azionaria della nostra asset allocation è di detenere, oltre a

strumenti che investano nelle principali macroaree geografiche a livello mondiale, anche strumenti che si

posizionano in settori specifici, in cui credo ci possa essere del valore.

Uno di questi settori, a mio parere è proprio quello delle energie da fonti rinnovabili, al quale, nei portafogli di clienti con profilo di rischio più elevato, è dedicata una quota del 3%, riducendola nei portafoglio con rischio inferiore.

Di norma per gli strumenti settoriali preferisco utilizzare etf o in alternativa tracker certificates, in quanto ho constatato, dopo ricerche e analisi, che spesso in ambiti così specifici questi strumenti hanno dato risultati superiori ai fondi a gestione attiva, con costi decisamente inferiori.

I tracker certificates, anche se più costosi degli etf, posso proporli per beneficiare del vantaggio fiscale di

compensare i guadagni con le perdite su fondi ed Etf, vantaggio che un Etf non può dare.

Il mio approccio è pragmatico, per cui cerco di utilizzare strumenti che investano in aziende operanti nel settore delle rinnovabili, senza prediligerne uno in particolare rispetto ad altri.

Al momento non sono in grado di poter stabilire se ad esempio, relativamente all’idrogeno, prima o poi si arriverà a estrarlo a costi competitivi da fonti pulite e di conseguenza se vi sarà maggiore investimento nell’incrementare le sue linee di trasporto ed erogazione (convertendo eventualmente anche linee di trasporto gas naturali esistenti), così che possa diventare una valida alternativa all’alimentazione elettrica dei mezzi di trasporto.

Per posizionarsi in questo settore si possono proporre, come per le altre energie alternative, etf o tracker

certificates.

Da non trascurare comunque il rischio di concentrazione legato a questi strumenti che, essendo così specifici, spesso replicano indici con sottostanti poche decine di aziende.

Per quanto riguarda gli investimenti nel petrolio, ritengo sia un settore che nel medio lungo termine risentirà pesantemente delle scelte a favore delle energie alternative, per cui tendo a non considerarlo nell’asset di medio lungo termine.

Per quei clienti, con una propensione al rischio comunque alta, che invece desiderano approfittare dell’impennata dei prezzi dovuta all’aumento dei consumi nel breve termine, legata alla ripresa in corso in molti paesi del mondo, è stato consigliato, dopo un’attenta analisi su un lasso temporale di qualche anno, di posizionarsi direttamente sulle azioni di specifiche aziende del settore, in quanto hanno dato risultati decisamente migliori, anche a fronte di una volatilità meno elevata, rispetto ad etf o fondi.