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Sempre più spesso si sente parlare di previdenza complementare e della necessità di costruirsi un patrimonio da poter convertire in rendita, al fine di integrare la pensione pubblica, che negli anni sarà sempre più esigua.

Per poter farsene un’idea è opportuno prima di tutto ottenere una sua stima, che per quanto soggetta in futuro a possibili cambiamenti a seguito di variazioni delle norme in vigore, permette di farsi un’idea di cosa ci aspetta.

Sulla base dei dati ottenuti si può poi decidere quali scelte intraprendere, anche se in linea di massima si può affermare che con il sistema di calcolo contributivo le generazioni più giovani otterranno una rendita pensionistica decisamente più modesta rispetto al passato.

Partendo da questo dato, diventa quindi importante attivare il prima possibile una forma di risparmio da dedicare al sostegno della pensione pubblica e più anni si avranno davanti a sé in questo percorso e più contenuta potrà essere la quota di risparmio annuale da destinare a questo scopo.

Quando si pensa a questo tema viene subito alla mente lo strumento del fondo pensione.

Ma è l’unica scelta percorribile o ve ne sono altre?

In realtà il sostegno alla pensione pubblica può essere generato in diversi modi.

In questo articolo non parlerò delle caratteristiche e del funzionamento dei fondi pensione o di come scegliere quello più idoneo alla propria situazione.
La mia è piuttosto una riflessione sui pro e contro di ognuna delle opzioni considerate.

A titolo di esempio un’alternativa al fondo pensione può essere il piano di accumulo personale, con cui investire nei mercati finanziari, o, per un proprietario di immobili, la rendita derivante dalla loro locazione.

Ognuno di queste soluzioni presenta aspetti positivi e negativi, che vanno valutati prima di effettuare una scelta.

La rendita immobiliare

Inizio dalla situazione del proprietario di immobili.
Naturalmente questa non è una condizione comune a tutti, in quanto appunto non tutti possono disporne.
Non è tuttavia inusuale il caso in cui ci si trovi ad aver ereditato l’abitazione dei propri genitori o di qualche parente, che quindi potrebbe essere poi affittata, generando un’entrata periodica.
La scelta di destinare l’immobile a tale scopo può comunque comportare delle problematiche che una persona non desidera o non si sente in grado di gestire, come inquilini morosi, o che provocano danni all’immobile e difficilmente sfrattabili, o periodi sfitti in cui non si riesce a locare l’immobile o situazioni in cui sorge la necessità imprevista di manutenzioni o riparazioni con costi considerevoli.
Questa opzione è agevolata comunque se nel tempo gli immobili sono stati ben tenuti.
In caso contrario, ci si troverebbe ad affrontare importanti spese di ristrutturazione per poterli affittare e se non si disponesse di fondi sufficienti per farlo, ci si ritroverebbe ad un’età magari già troppo avanzata per poter fare altre scelte per creare un sostegno alla pensione pubblica.

Fondo pensione o piano di accumulo?

Un fondo pensione o un piano di accumulo con investimenti personali, possibilmente avviati già agli inizi della propria attività lavorativa, sono possibilità alternative.

Ma quale delle due è la migliore? Anche qui dipende.

Questo strumento offre diversi benefici che il piano di accumulo personale non ha, ma sono benefici non rivolti a tutte le categorie di lavoratori e in alcuni casi esso risulta essere meno conveniente del piano di accumulo.

Il fondo pensione per i lavoratori dipendenti

Esso dà la possibilità ai lavoratori dipendenti di ottenere un contributo dal proprio datore di lavoro (la cui misura è stabilita dal contratto collettivo nazionale o da un accordo aziendale), a fronte del versamento di un proprio contributo.

Inoltre ai lavoratori dipendenti permette la deducibilità dai redditi assoggettati ad IRPEF dei contributi volontari, compreso il contributo del datore di lavoro e da questo deriva un beneficio importante.

L’erogazione del capitale o della rendita pensionistica ottenuti inoltre vengono assoggettati ad una tassazione di favore, con un ulteriore importante risparmio fiscale.

Il fondo pensione per i lavoratori autonomi

Per lavoratori autonomi, che non dispongono del contributo del datore di lavoro e non hanno la possibilità di dedurre i contributi volontari, come ad esempio chi oggi opera in regime forfettario, la convenienza del fondo pensione rispetto ad un piano di accumulo per investimenti personali viene meno, anche se di poco.

In una simulazione effettuata ho posto a confronto il montante finale ottenuto da un fondo pensione con quello di un piano di accumulo personale, ipotizzando rendimento uguale e medesimo numero di anni di permanenza nella posizione.
In essa ho previsto tutte le agevolazioni riservate agli aderenti ai fondi pensione e ho considerato che i rendimenti ottenuti dal fondo pensione sono tassati ogni anno (ad oggi la tassazione è prevista al 20% o al 12,50% se rendimento deriva da titoli di stato), mentre quelli del piano di accumulo personale, privo di qualsiasi agevolazione, lo sono solo al momento della loro liquidazione e nella misura ad oggi vigente del 26% o 12,50% per i rendimenti da titoli di stato.

Da questa analisi è risultato che, per i lavoratori che non possono dedurre i contributi volontari, il capitale finale ottenuto con il piano di accumulo personale, al netto della tassazione, è più elevato di quello derivante dal fondo pensione, anche se di pochi punti percentuali.

Situazione che si ribalta invece per chi può beneficiare della deducibilità dei contributi versati, per il quale risulta più interessante la scelta del fondo pensione, con la convenienza ulteriormente accresciuta qualora sia presente il contributo datoriale.

Fondo pensione – aspetti da considerare

La scelta del fondo pensione implica il vincolo di quanto versato fino al pensionamento.
Esso è una forma di risparmio destinata a creare un sostegno alla pensione e per garantire ciò impone regole ben precise che limitano le possibilità di poter chiedere liberamente delle anticipazioni.

Vi sono condizioni e limiti prestabiliti per poterlo fare, che tuttavia possono scoraggiare chi si avvicina a questo strumento.

Altro limite imposto dal fondo pensione è che se, alla conclusione del periodo di cumulo, il montante finale supera un determinato valore, almeno il 50% del suo ammontare deve essere convertito in rendita vitalizia (ciò accade quando la rendita derivante dalla conversione del 70% del montante totale, incluse le anticipazioni, è superiore al 50% dell’assegno sociale INPS).

Superata la soglia di questo valore accumulato quindi non si ha più la libertà di scelta tra incassare il montante o convertirlo tutto o in parte in rendita. (Va detto che comunque questo limite può tuttavia essere aggirato aderendo a due fondi pensione, così da mantenere in ognuno il patrimonio accumulato sotto il valore di soglia).

Rendita vitalizia

Anche se l’imposizione di convertire almeno metà del montante accumulato in rendita può non piacere, va tenuto presente che questa rendita è vitalizia, ovvero viene erogata per tutta la vita del soggetto, anche con garanzie aggiuntive, come la reversibilità ad un altro soggetto in caso di decesso, o l’aumento di valore in caso di non autosufficienza, o la certezza di erogazione di un valore più elevato per un numero predeterminato di anni.

La rendita, tuttavia, ha dei costi piuttosto importanti che vanno a ridurne il valore:
Questi costi sono dati sia dal premio pagato per il rischio dovuto alle compagnie assicurative per garantire a vita il suo pagamento, sia dai costi da esse applicati per l’erogazione e per la copertura delle garanzie che si è eventualmente richiesto di aggiungere.

Piano di accumulo – aspetti da considerare

Il piano di accumulo al contrario è libero da vincoli (se investito in strumenti facilmente liquidabili) e in qualsiasi momento disponibile.
In esso, inoltre, vi è la scelta diretta degli strumenti di investimento, cosa non possibile nel fondo pensione, in cui l’aderente sceglie può solo scegliere la linea di investimento.

Se da un lato ciò offre massima libertà di scelta, dall’altro espone ad una maggiore responsabilità e al rischio di vanificare nel tempo i propri scopi, in quanto si può essere tentati ad utilizzare in anticipo questi risparmi.

Pro e contro

Nel periodo di accumulo inoltre può accadere che, per diversi motivi (per paura dei periodi negativi dei mercati o per esigenze personali) si sospendano i versamenti, o li si riducano, fino ad abbandonare il progetto, mettendo in discussione anche le scelte di investimento fatte.

Alla conclusione del periodo di accumulo, il capitale ottenuto potrà essere utilizzato a sostegno della pensione pubblica, considerando però che una volta consumato non si avranno da questo canale ulteriori risorse. Naturalmente esiste la possibilità di acquistare con esso una polizza assicurativa, erogante una rendita vitalizia, che, seppur costosa, permetterebbe anche di liberarsi dall’impegno di dover ancora occuparsi della gestione del capitale. Qui però si tratterebbe di una scelta, non di un’imposizione.

A onor del vero, l’acquisto individuale di una polizza di questo tipo potrebbe essere più oneroso della polizza proposta da un fondo pensione, che in teoria ha una maggiore forza di contrattazione delle condizioni economiche, data dalla massa di aderenti molto ampia.

Infine, un buon piano di accumulo dovrebbe essere impostato con un’ottica temporale allineata al numero di anni mancanti al pensionamento, scegliendo strumenti efficienti, calibrati per creare un portafoglio con un livello di rischio adeguato alla propria situazione.

Anche la scelta di un intermediario con cui mettere in pratica il piano è importante, al fine di contenere il più possibile i costi operativi.

Come fare la scelta migliore?

Per fare ciò, se si è in grado, si può fare da sé, oppure ci si può avvalere della consulenza di professionisti.

I consulenti finanziari autonomi possono essere una guida importante nell’affrontare al meglio queste scelte, offrendo una consulenza libera da conflitti di interesse e operando unicamente al servizio del propri clienti.

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