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La scorsa settimana sono stata intervistata da Plus24 – Il Sole 24 Ore sul conflitto tra Israele e Hamas.
Ecco la mia risposta, di cui Plus24 ha pubblicato un estratto nell’articolo di copertina di sabato 21/10/23, a pagina 5. Approfondisco il conflitto in Israele e le sue conseguenze per i mercati finanziari.

Alla luce del conflitto in Israele ritiene sia necessari cambiamenti nei portafogli dei suoi clienti? Se no qual è l’evento da monitorare per capire se modificarlo?  

La risposta a questa domanda è: dipende. Dipende dagli obiettivi che il cliente si pone, dall’orizzonte temporale di questi, dalla sua sensibilità e dalla sua propensione al rischio.

Volendo analizzare i recenti eventi della guerra in Israele, unicamente dal punto di vista economico finanziario, (per quanto, come in tutti gli scenari di guerra, le conseguenze in termini umanitari siano drammatiche), non mi aspetto porti conseguenze particolarmente rilevanti nei mercati finanziari, soprattutto se il conflitto tra Israele e Hamas rimane confinato nelle zone attuali.

In caso di ampliamento ad altri stati musulmani e soprattutto a seguito di un coinvolgimento dell’Iran, da sempre sostenitore di Hamas, credo vi possa essere comunque il concreto rischio nei prossimi mesi di un incremento dei costi energetici e in particolare del petrolio.

Questa evoluzione, nei portafogli dei miei clienti, costruiti sulla base dei loro obiettivi di vita, potrebbe avrebbe un impatto nel breve termine e quindi, potenzialmente, potrebbe essere una minaccia per il raggiungimento dei loro obiettivi più vicini. 
Di regola, tuttavia, per essi consiglio strumenti prudenti, come titoli di stato a breve termine o ETF monetari, che non dovrebbero risentire delle conseguenze del conflitto, offrendo anzi, da un anno a questa parte, rendimenti molto interessanti, senza rischi eccessivi, così da dare la quasi relativa certezza del raggiungimento di quanto desiderato.

Per la parte dei portafogli destinata ad obiettivi più lontani nel tempo invece ho previsto sia una quota in oro che in titoli governativi, in parte legati all’andamento dell’inflazione e diversificati, oltre a una quota in materie prime.
Questi strumenti dovrebbero contenere le eventuali conseguenze del conflitto o, nel caso delle materie prime, addirittura trarne vantaggio.

Propongo questa impostazione da tempo, al fine affrontare i cambiamenti avvenuti e tuttora in corso nello scenario macro-economico mondiale, dallo scoppio della pandemia ad oggi; mutamenti che hanno portato ad un generale aumento dei rischi geo politici, oltre a una situazione di stress dell’offerta di materie prime, dovuta al reshoring post pandemico (la pratica di riportare in patria o in paesi amici le produzioni in precedenza dislocate in paesi ora non più affidabili), unito alle conseguenze dei fenomeni naturali sempre più estremi in molte parti del mondo, nonché ai conflitti in corso.

Sulla base di queste considerazioni, quindi, non ritengo sia necessario apportare modifiche al mio attuale approccio.

Se infine il conflitto dovesse evolvere in uno scenario ancora più critico di quanto ipotizzato e i mercati vedessero in ciò una minaccia, con conseguente crollo delle quotazioni, cinicamente, per coloro che hanno un orizzonte temporale di lungo termine potrebbe aprirsi un’occasione di acquisto interessante.

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